Contigua alla valle del Taro si trova la Val Ceno; prende il nome dal fiume omonimo, che nasce dal Monte Penna e scorre parallelo al Taro, nel quale confluisce. Comprende dieci comuni, fra cui Bardi, Varsi, Bore, Pellegrino Parmense, Rubbiano, Varano Melegari, con circa 40.000 abitanti. Qui si erano formate, nell’autunno 1943, le prime bande partigiane garibaldine.
Mentre le formazioni partigiane cattoliche si rivolgevano verso la Val di Taro, la XII Brigata Garibaldi – composta da partigiani di Sarzana e comandata da Flavio Bertone, “Walter”, con Paolino Ranieri, “Andrea”, come commissario politico – attacca i paesi di Bardi, Varsi e Rubbiano; il 10 di giugno la Val Ceno è libera. E’ una delle prime zone libere – il primo appello del CLN Alta Italia è di pochi giorni prima, il 2 giugno – e nasce “sotto il segno di inevitabili incertezze”, come osserva Massimo Legnani.
Secondo uno dei pochi documenti disponibili, nella giornata dell’11 giugno a Bardi i cittadini radunati sulla piazza eleggono a sindaco l’avvocato Giusepe Lumia; parimenti, in ogni comune della valle vengono eletti democraticamente un sindaco e un consiglio municipale. Ma in base alla relazione di un comandante garibaldino, un non meglio identificato Ferrarini, “i sacrifici di lunghi mesi di montagna, la mancanza di una buona preparazione politica, l’eterogeneità delle forze, hanno reso un po’ acri i rapporti fra i garibaldini e la popolazione civile. La povertà dei nostri patrioti, la scarsa sensibilità politica dei montanari della zona, la loro paura per un eventuale rastrellamento non hanno permesso una cordiale convivenza e quindi la liberazione si è trasformata in una vera occupazione”.
Questo fa pensare che malgrado l’accenno ad elezioni democratiche, si sia trattato di un presidio puramente militare, senza un piano specifico di governo del territorio e realizzato soprattutto per risolvere i gravi problemi di approvvigionamento delle formazioni partigiane.
La valle costituisce peraltro la base per allargare la zona libera fino alla contigua Valle del Taro. Le due valli costituiscono così un ampio territorio controllato dai partigiani nel quale si tenta un embrione di vita democratica. Le condizioni favorevoli danno un grande impulso allo sviluppo del movimento partigiano: la XII Brigata Garibaldi giunge a 1.100 uomini e genera cinque nuove brigate.
Il locale comando della Wehrmacht propone ai partigiani – che accettano – una specie di tregua, che prevede il rispetto dei territori controllati, lo scambio dei prigionieri, il libero transito verso sud per i tedeschi.
Non si conosce alcun provvedimento adottato da un’autorità civile. D’altra parte il tempo a disposizione è scarso e non permette azioni politiche e l’organizzazione di strutture di governo: l’8 luglio inizia un violento rastrellamento tedesco che investe tutto l’Appennino parmense con distruzioni e massacri, e anche la zona libera della Val Ceno cede il 17 luglio.
Contigue alla Val Ceno sono la Val d’Enza e la Val di Parma, dove agiva la LXI Brigata Garibaldi. Anche qui l’esperienza della zona libera, che si realizza fra il giugno e il luglio del 1944, mantiene un carattere strettamente militare. Il Comando partigiano assume direttamente l’amministrazione delle valli e si limita a dare disposizioni annonarie per provvedere all’approvvigionamento delle formazioni. Non viene svolta alcuna azione politica e non si procede alla elezione né alla nomina di amministratori civili, probabilmente per le ragioni accennate da Ferrarini nei confronti della Val Ceno.