La valle del Taro si stende fra la Liguria e l’Emilia. Prende il nome dal fiume Taro, che nasce dal monte Penna e confluisce nel Po dopo un percorso di 126 chilometri. Il territorio, di circa 250 chilometri quadrati, fa parte della provincia di Parma e comprende i paesi di Borgotaro, Albareto, Tornolo, Compiano, Bedonia, Fornovo, Solignano, Valmozzola e Varese Ligure, abitati in totale da circa 43.000persone. A est la valle costeggia la strada statale della Cisa ed è percorsa dalla ferrovia Parma-La Spezia. Era quindi un territorio molto importante per le truppe tedesche, che dovevano assicurarsi i collegamenti fra la Linea gotica e il mare.
Nella zona agiscono le formazioni partigiane della I Julia, della Centocroci e della Beretta, tutte di orientamento cattolico. La personalità più importante è Achille Pellizzari, “Poe”, un insigne letterato (dopo la Liberazione sarà rettore dell’Università di Genova), che si era unito alla lotta partigiana malgrado fosse ultracinquantenne, e che assumerà la carica di prefetto della zona libera.
Il 15 giugno, dopo settimane di intensi scontri con i nazifascisti, i partigiani entrano in Borgotaro. Mentre un distaccamento fa saltare i ponti e i fascisti scelgono la fuga, i partigiani occupano il paese. Racconta Giacomo Vietti: “C’è chi va a casa dopo mesi di assenza, c’è chi si prende il gusto di sedersi pacificamente al bar, ed è quindi piena la sorpresa quando di fronte all’albergo Appennino si ferma un’autovettura tedesca. Anche il tedesco seduto al volante rimane stupito: di fronte all’albergo, pacificamente seduti a dissetarsi con bibite ed a festeggiare le proprie vittorie sono i partigiani con le armi appoggiate alle sedie e ai tavolini. Vinta la sorpresa, il tedesco afferra una bomba a mano, ma ad evitare una strage è Aldo Pelizzoni, “Lupo”, che più veloce di tutti, balza dalla sedia, entra nell’automezzo e riesce ad immobilizzare il tedesco”.
Quella vettura era diretta a Milano e le staffette trasportavano alcuni documenti importanti relativi alla Linea gotica, che vengono inoltrati subito alla Resistenza milanese. L’occupazione di Borgotaro è tanto importante che Mussolini ne viene subito informato. Infatti il giorno 16 giugno i nazifascisti sferrano un ampio rastrellamento accompagnato da saccheggi e distruzioni, mentre le forze partigiane, opportunamente preavvertite, riescono a sganciarsi. Il 26 giugno, spariti fascisti e tedeschi dopo aspri combattimenti, tutta l’alta valle del Taro resta libera e i partigiani ne assumono il controllo.
La popolazione li accoglie con entusiasmo, ma tutti sono consapevoli della delicatezza della situazione. L’arciprete di Borgotaro, monsignor Boiardi, si rende interprete delle preoccupazioni per eventuali rappresaglie contro i civili, e fa presente ai partigiani l’opportunità di restare sui monti. Il podestà a sua volta si reca a Parma per chiedere di poter lasciare l’incarico, e nello stesso tempo fa richiesta di viveri per la popolazione, ormai alla fame, dato che la zona montuosa non produce cereali sufficienti. Ovviamente la richiesta non viene esaudita, e il comando partigiano si trova a dover affrontare il grave problema degli approvvigionamenti, sia per i combattenti che per la popolazione.
L’altra preoccupazione urgente è quella di dare alla zona libera un minimo di ordinamento democratico. A questo scopo si riuniscono nella sede del comune i capi partigiani e personalità politiche e religiose locali, che concordemente decidono di convocare delle assemblee di capifamiglia, che per alzata di mano eleggeranno i loro rappresentanti. Non si arriva però a costituire una Giunta amministrativa e tanto meno un CLN, data la diffidenza delle forze cattoliche nei confronti dei partiti e della attività politica in generale. Si esercita anche una certa ambigua prudenza nei confronti delle autorità amministrative fasciste, che vengono lasciate al loro posto “solo per la magnanimità dei patrioti”, come scrive il giornale “La Nuova Italia”.
Il governo partigiano organizza una rete di distribuzione di viveri e di legna e carbone, che vengono forniti gratuitamente alle famiglie dei partigiani e a quelle bisognose, mentre chi può pagare permette ai partigiani di riscuotere ben 120.000 lire. Un bando tende a reprimere il contrabbando dei generi alimentari. La riorganizzazione dei servizi di polizia e la costituzione di tribunali competenti in materia penale e civile presso ogni formazione partigiana avviano l’azione di controllo dell’ordine pubblico.
Importantissimo per i rapporti con i contadini, il governo libero controlla i lavori di trebbiatura del grano, per non consegnarlo all’ammasso fascista e disporre del necessario per le popolazioni e le formazioni militari. Il carburante e l’olio lubrificante necessari per le trebbiatrici viene fornito dai partigiani, che li prelevano presso una fabbrica di cemento locale.
Nel paese di Compiano si costituisce un comando italo-inglese per coordinare le azioni tra le varie formazioni e con gli alleati. Nella zona viene perfino ripristinato un campo d’aviazione.
Nella capitale Borgotaro, inizia la stampa di uno dei primi giornali liberi, significativamente intitolato “La Nuova Italia”, di cui escono pochissimi numeri. I tedeschi lanciano contro la piccola zona libera la forza impressionante di 20.000 uomini con artiglieria e mortai, nello sforzo di mantenere sotto controllo l’unica ferrovia transappenninica. Dopo strenui combattimenti con un nemico soverchiante, il 24 luglio la piccola repubblica cade. Anche qui si eserciterà la ferocia nazifascista, con massacri fra cui quelli di Strela, dove vengono uccisi 15 civili, e Santa Maria del Taro, dove cadono 18 civili.