Lanzo è un comune situato a circa 30 chilometri a nord-est di Torino, in un comprensorio montano di cui fanno parte tre valli, la Val d’Ala, la Val Grande e la Valle di Viù. Vi operavano le unità partigiane della II Divisione Garibaldi Piemonte, al comando di Battista Gordoncini, “Battista”.
Fin dall’inizio del movimento di resistenza vi si radunano gli operai provenienti dalle fabbriche torinesi e i militanti del Partito comunista. Lo stretto e tempestivo legame fra le azioni militari partigiane e gli scioperi operai della città e della cintura suscita particolare allarme fra i nazifascisti, molto preoccupati per l’efficienza dell’apparato industriale torinese. Il capoluogo delle valli, Lanzo Torinese, è presidiato da 1.500 militi fascisti e nazisti dotati di mezzi corazzati. Il 26 giugno 1944 una poderosa azione che impegna 700 partigiani in una giornata intera di violenti combattimenti porta alla liberazione della città e delle tre valli.
Il comando partigiano crea subito un Commissariato civile che si insedia nel comune di Ceres; è suo compito dare vita a un CLN locale, che si incarichi a sua volta di dar vita alle Giunte comunali amministrative. La vita civile è nel caos. Come riporta la relazione del Comando garibaldino, “le amministrazioni fasciste e i diversi altri organismi erano completamente abbandonati o trascurati dai responsabili fascisti, per evitare di rendere conto al popolo delle loro responsabilità e malefatte”.
Vengono subito convocate delle libere assemblee di contadini, sia in Val d’Ala che in Val Grande. Secondo la relazione garibaldina, “in queste assemblee dopo un’esposizione sulla situazione generale e sugli scopi da raggiungere in merito, si è lasciata ampia facoltà ai contadini di parlare per trattare dei loro interessi. Ne è risultata la necessità di modificare completamente i sistemi adottati dal fascismo nei riguardi di questi contadini, specificatamente allevatori e produttori di bestiame bovino e ovino e prodotti da esso derivati (burro, latte, formaggio). La politica e i metodi del fascismo contrastavano gli interessi diretti di questi contadini, come ad esempio: conferimento agli ammassi con alte percentuali sul bestiame posseduto a detrimento del patrimonio zootecnico e fissazione di prezzi d’imperio non adeguati alla situazione economica in rapporto al deprezzamento monetario. Per rimediare a questi errori fondamentali fu nominata dai contadini una commissione con un proprio segretario scelto nella commissione stessa. Le commissioni sono due, una per valle”.
La collaborazione dei contadini è fondamentale per risolvere il problema dell’approvvigionamento sia delle popolazioni locali che degli sfollati e delle formazioni partigiane, affollate da migliaia di volontari. Le valli non producono cereali, le poche scorte di farina per il pane e per la polenta si sono esaurite, i nazifascisti hanno imposto il blocco dei rifornimenti. Si stabilisce il censimento delle risorse alimentari della zona, e il Comando garibaldino si incarica di organizzare corvées di partigiani in pianura per rifornirsi di cereali. Per i generi alimentari prodotti localmente – burro e formaggio – si attua un piano di razionamento e si fissano prezzi calmierati per cercare di stroncare il fenomeno del mercato nero. Per la carne, le commissioni di contadini, in accordo con i commercianti, regolano l’ammasso dei capi di bestiame e fissano tariffe più eque di quelle stabilite dalle autorità fasciste. “Queste commissioni, d’accordo con il Comando delle Brigate Garibaldi e coi rappresentanti del CLN delle Valli di Lanzo, stabilirono una più equa percentuale di conferimento del bestiame e dei suoi prodotti al “Centro popolare di vettovagliamento”, triplicando il valore in moneta da corrispondere, dando così la possibilità alla popolazione di avere un maggiore quantitativo di alimenti forniti da questa categoria, ad un prezzo molto più adeguato che quello praticato dal mercato nero favorito dal fascismo”.
Viene affrontata anche la questione del sistema fiscale: a Ceres viene rimessa in funzione l’esattoria comunale. L’esattore aveva chiuso l’ufficio ed era sparito: un’impiegata dell’esattoria viene incaricata di riaprire l’ufficio e di riscuotere tasse e imposte. Viene abolita subito la tassa tipicamente fascista sul celibato; si procede alla riscossione dei tributi locali, che vengono lasciati all’ente locale, e di quelli erariali, che vengono invece versati ai comandi partigiani.
Alla metà di settembre tutti i comuni delle tre valli hanno provveduto a costituire le Giunte amministrative, talvolta – come a Ceres – con commissioni speciali per gestire singoli settori economici e particolari problemi di interesse collettivo; nel comune di Cantoira si procede all’elezione di un sindaco. L’efficienza di questi organismi di governo è peraltro molto diversa, dati gli ostacoli frapposti dalla situazione praticamente di assedio, ma anche per la diffidenza delle popolazioni montanare, non avvezze a forme di partecipazione democratica.
Di ciò si rendono conto i garibaldini, che mettono in guardia dal consegnare la vita pubblica dei comuni nelle mani di ristrette cricche di notabili, ed esortano ad affidarsi a organismi autenticamente democratici, costituiti con i rappresentanti delle tendenze politiche presenti nella zona, con i rappresentanti delle organizzazioni di massa e con sinceri e coraggiosi antifascisti stimati dalla popolazione. “Si tratta di operare una profonda trasformazione, facendo veramente del municipio l’organo del popolo, per risolvere i problemi della vita del popolo”. Anche in questo breve testo, apparso sul giornale garibaldino “La nostra lotta” del 15 agosto 1944, risulta chiara la vocazione di educazione alla democrazia di cui erano portatori i partigiani comunisti.
Fin dal mese di luglio i nazifascisti stanno ammassando truppe per effettuare massicci rastrellamenti destinati a eliminare lo schieramento partigiano dal Torinese al Canavese. In luglio un’audace azione dei garibaldini porta a sottrarre ai tedeschi una decina di pezzi di artiglieria da 75 mm. La reazione è pronta e rabbiosa e si sviluppa contro la II Divisione garibaldina e contro la VI Divisione di Giustizia e Libertà del Canavese. L’offensiva verso le valli di Lanzo, il giorno 11 agosto, è sferrata a Ceresole da 3.000 fascisti, guidati dal segretario del Partito nazionale fascista in persona, Alessandro Pavolini; la milizia della Repubblica Sociale subisce una dura sconfitta da parte di una unità garibaldina di 485 uomini, e lo stesso Pavolini viene ferito; per suo estremo disonore, a un gluteo. Anche un reparto della X MAS viene ricacciato da Lanzo.
L’offensiva riprende l’11 settembre con forze pari a due divisioni e con una potenza di fuoco cui i garibaldini resistono per ben diciassette giorni. Nel combattimento vengono catturati il comandante Gardoncini, il comandante divisionale Pino Casana, “Pino”, il capo di stato maggiore della XLVI brigata Osvaldo Alasonatti, “Pippo”, i quali – con altri sei partigiani – verranno fucilati a Torino il 12 ottobre. Una parte delle unità partigiane si rifugia in Francia, altre ripiegano in settori confinanti, non investiti dal rastrellamento. Alla fine di settembre la zona libera cessa di esistere.