Risiera di San Sabba

Nell’autunno del 1943, Trieste viene annessa al Reich nazista, all’interno dei territori compresi nella Adriatisches Küstenland, il Litorale Adriatico, che andava dal Veneto a Lubiana. Vi viene subito inviato l’Einsatzkommando Reinhard (Reparto operativo Reinhard), che già si era distinto per il massacro di due milioni di ebrei polacchi. Compito del gruppo, secondo quanto scrive Enzo Collotti, è di “liquidare intransigentemente ogni resistenza contro il nazionalsocialismo e non solo la resistenza presente, ma anche quella del passato e del futuro. Dovevano essere uccisi senza soste e senza istruttoria, senza compassione, lacrime o pentimenti, intere categorie di uomini”: gli ebrei anzitutto, poi gli zingari, i malati di mente, le razze inferiori asiatiche, i comunisti e gli elementi “asociali”. L’Einsatzkommando è composto di un centinaio di specialisti in genocidio, alcuni dei quali hanno già partecipato in Germania alla Aktion T4, sigla neutra che nasconde pudicamente un’operazione nella quale vengono uccisi col gas circa 70.000 cittadini tedeschi, invalidi o malati di mente.

A Trieste, nel rione industriale di San Sabba, esiste una vecchia fabbrica per la lavorazione del riso: viene convertita in “Polizeihaftlager”, campo di detenzione di polizia, sistemando un nuovo forno crematorio e costruendo 17 piccole celle di cemento di 2 metri per 1,20, gelide d’inverno e soffocanti d’estate, che ospitano almeno due prigionieri ognuna. Al centro del cortile interno viene sistemato un edificio adattato a camera della morte, dove si usa il gas di scarico prodotto dai furgoni; più tardi si userà il metodo più sbrigativo del colpo di mazza alla nuca. Prima dell’uccisione i prigionieri vengono obbligati a denudarsi: da un calcolo sui capi di abbigliamento trovati dopo la liberazione, si suppone che le vittime siano state non meno di duemila, esclusi gli ebrei, ma altre fonti parlano di tre o quattromila, fra cui molti sloveni e croati e alcuni esponenti del CLN triestino e delle formazioni partigiane Garibaldi e Osoppo.

Per gli ebrei la Risiera è solo un campo di passaggio nel viaggio che li porta ad Auschwitz e altri lager, tranne che per gli intrasportabili – vecchi o malati – che vengono eliminati sul posto.

Nella notte fra il 29 e il 30 aprile 1945, le SS minano l’edificio delle esecuzioni, nel tentativo di eliminare le tracce dei loro misfatti, ma la polizia degli Alleati ritrova i mucchi di ceneri e di ossa, che testimoniano come la Risiera sia stata una diretta articolazione dell’ideologia genocida nazista.