L’Ossola è un’ampia valle compresa nell’attuale provincia del Verbano-Cusio-Ossola (fino al 1992 era provincia di Novara) e corrisponde al bacino del fiume Toce. Vi confluiscono sette valli laterali; al centro della vallata si trova la città di Domodossola. Il territorio comprendeva 32 comuni su 1.500 chilometri quadrati, dove vivevano circa 85.000 abitanti. La valle confina per 200 chilometri con la Svizzera, cui è collegata con una strada e con due linee ferroviarie.
Il clima di alta montagna non è molto favorevole all’agricoltura e la popolazione era abituata ad emigrare, sia pure stagionalmente, verso la Svizzera o la Francia. A Villadossola si era sviluppato un polo industriale abbastanza importante, che aveva dato luogo alla formazione di un nucleo agguerrito di classe operaia.
E’ appunto a Villadossola che appena due mesi dopo l’armistizio, l’8 novembre 1943, scoppia la prima insurrezione armata, guidata da operai di formazione comunista. Si tratta di un’iniziativa insostenibile dal punto di vista tattico: l’intervento nazifascista stronca subito il tentativo insurrezionale e alcuni operai sono costretti a prendere la via della montagna, formando così i quadri e i militanti delle prime bande partigiane, che poi costituiranno le Divisioni Garibaldi. Accanto a queste, alla fine del 1943, si formano dei nuclei partigiani che si definiscono “autonomi”, sotto il comando di Filippo Beltrami, un ufficiale del regio esercito, ed altri sotto il comando di Dionigi Superti, un ufficiale pare appartenente al SIM, il servizio segreto militare.
Nella primavera del 1944 l’intensa attività partigiana mette in difficoltà le forze nazifasciste schierate a difesa delle centrali elettriche e degli impianti industriali, nonché della linea ferroviaria del Sempione. In giugno i comandi fascisti decidono di effettuare un massiccio rastrellamento. L’azione ha successo nei confronti delle formazioni di Superti, che subiscono gravi perdite e vengono disperse, mentre le altre riescono a sganciarsi e mettersi in salvo in alta montagna.
Quando alla fine di giugno il grosso delle truppe nazifasciste si ritira, le formazioni partigiane riprendono l’iniziativa e i presidi nazifascisti rimasti nelle valli si trovano di nuovo in difficoltà. In questa fase, all’inizio di agosto, i comandanti delle formazioni autonome “Beltrami” e “Valtoce” firmano una convenzione con il comandante tedesco della zona di Omegna, Krumhaar, per la quale la stessa zona viene considerata neutra e non vi possono accedere armati né i partigiani né i nazifascisti. Tale accordo viene aspramente criticato dal comando del Corpo Volontari della Libertà perché contrario allo spirito della guerra partigiana e al principio che vieta ogni collaborazione con il nemico. Va notato peraltro che entrambe le parti non si attennero a tale accordo e solo pochi giorni dopo nella zona si tornava a sentire il fragore delle armi.
Eliminati i presidi nazifascisti delle valli laterali, l’assedio dei partigiani si stringe intorno a Domodossola. Dei due ultimi presidi importanti, Cannobio viene conquistato dai garibaldini rispettivamente il 2 settembre, Piedimulera dalle formazioni autonome l’8 settembre.
Sono appunto i comandanti delle formazioni autonome, Superti e Di Dio, che trattano con i tedeschi di Domodossola, escludendo i garibaldini dalle trattative e dall’accordo di resa: ai fascisti viene concesso di ritirarsi verso Baveno sani e salvi, ma disarmati. I tedeschi – circa 400 – devono abbandonare le armi pesanti e le relative munizioni, ma viene loro concesso di trattenere l’arma individuale e le armi di fabbricazione tedesca. Anche questo accordo verrà pesantemente criticato dal comando garibaldino, che avrebbe voluto invece far internare i nazisti in Svizzera.
Il 10 di settembre ha inizio il periodo della repubblica dell’Ossola, la più nota delle repubbliche partigiane. Le ragioni della sua fama vanno ricercate principalmente in due fatti: in primo luogo la contiguità con la Svizzera, che permette ai corrispondenti della stampa internazionale di seguire la straordinaria esperienza di un governo che, pur essendo insediato nell’Italia fascista e occupata dai tedeschi, si dimostra espressione di una nuova, qualificata classe dirigente che agisce con intenti profondamente democratici. In secondo luogo, in Val d’Ossola si trova riunita una straordinaria concentrazione di personalità politiche e culturali di grandissimo rilievo come Umberto Terracini, Giancarlo Pajetta, Concetto Marchesi, Gianfranco Contini, Mario Bonfantini, Carlo Calcaterra, Franco Fortini, Aldo Aniasi, Andrea Cascella… L’apporto di queste personalità imprime alla repubblica un respiro più vasto, che supera le necessità contingenti.
L’esperienza non comincia sotto i migliori auspici: il giorno stesso dell’occupazione di Domodossola, il comandante della divisione autonoma “Valdossola” Dionigi Superti insedia una Giunta provvisoria di governo, affermando di rappresentare le altre formazioni e di agire secondo le direttive del CLN Alta Italia e su mandato del CLN locale e della cittadinanza. Ma in realtà il comandante Superti non ha alcun mandato delle divisioni Garibaldi e Beltrami, né alcuna delega dal CLN Alta Italia, mentre il CLN locale non esiste e la popolazione non è stata in alcun modo interpellata. L’azioni di Superti risponde a istruzioni impartite – secondo alcuni – dal CLN di Lugano, che non corrispondono pienamente alle intenzioni del CLN Alta Italia di Milano. Secondo Secchia e Moscatelli, perfino il CLN di Lugano espresse la propria disapprovazione.
Si costituisce comunque una Giunta che rappresenta tutte le forze democratiche ed è presieduta da una nota personalità antifascista, Ettore Tibaldi. Medico, militante del Partito socialista fin dal 1909, si era autoconfinato a Domodossola, dove era primario dell’ospedale. Nel novembre 1943 aveva contribuito a organizzare l’insurrezione operaia di Villadossola; per sfuggire alla repressione si era rifugiato in Svizzera, da dove era rientrato al momento della liberazione della zona.
Accanto a Tibaldi, si costituisce una Giunta di cui fa parte, tra gli altri, la comunista Gisella Floreanini, “Aurelia Valli”, prima donna ministro della storia d’Italia; il comunista Umberto Terracini viene nominato Segretario della Giunta ed è incaricato di redigere l’organo ufficiale di stampa, il “Bollettino quotidiano d’informazione”.
Viene subito costituito il CLN di Domodossola. In un comizio tenuto il 23 settembre da vari esponenti del CLN e della Giunta, la parte più attiva della cittadinanza ne sottolinea i discorsi con tali applausi da poter considerare ratificati per acclamazione gli organismi che erano stati insediati senza l’intervento della popolazione, sanando così la procedura non puntualmente democratica.
D’altra parte, dietro l’apparente vizio formale di procedura, si cela un aspetto più sostanziale, cioè una netta pregiudiziale anticomunista. Ma senza i comunisti non si può governare neppure un giorno, soprattutto perché sono loro che meglio hanno saputo intessere rapporti con la popolazione e in particolare con i contadini, senza il cui aiuto la Resistenza mai avrebbe potuto sopravvivere per i due lunghi inverni dal 1943 al 1945. .
La Giunta provvisoria di governo si mette alacremente all’opera, animata da una splendida “ansia di libertà”, come dirà Ferruccio Parri, che la spinge verso la ricerca di soluzioni democratiche non solo ai problemi immediati ma anche a quelli dell’ancora lontana ricostruzione italiana. Valga per tutti l’esempio della pubblica istruzione: una commissione di esperti programma la riapertura delle scuole per il 16 ottobre, affrontando non solo i problemi relativi alle scuole elementari, ma si occupa anche alacremente della revisione dei libri di testo. Mario Bonfantini inizia subito la compilazione di un’antologia ispirata a nuovi criteri letterari e didattici. La commissione, su impulso di Gianfranco Contini, filologo, critico letterario e docente universitario, affronta anche il problema di un rinnovamento totale della scuola media, anticipando di trent’anni l’idea di una scuola media unificata che dia spazio alle lingue straniere, alla matematica e alle scienze, secondo le esigenze di una società moderna. Gli esperti della commissione continuano a riunirsi e discutere quando il bombardamento tedesco squarcia ormai i muri delle case: la Resistenza portava in sé la certezza di un avvenire migliore per il nostro paese e non cessava di prefigurarlo anche nei momenti più duri.
La mole di lavoro svolta dalla Giunta nei quaranta giorni di vita della repubblica è molto ampia: vengono anzitutto destituiti i podestà e i commissari prefettizi di nomina fascista. Si organizzano in tutta la valle il Fronte della Gioventù e i Gruppi di difesa della donna, cui aderiscono tante donne anche senza partito, ma ansiose di capire e di partecipare alla costruzione del nuovo che si profila.
In materia di lavoro vengono subito disciolti i sindacati fascisti e si organizzano subito i nuovi sindacati, su base tripartitica comunista, socialista e cattolica.
Sul piano economico la Giunta regolamenta in maniera più equa il mercato dei generi di prima necessità, i prezzi e la distribuzione dei generi di largo consumo; avvia delle trattative commerciali con la Svizzera per scambiare prodotti minerari e industriali della valle con generi alimentari, oltre alle patate e alla farina che la Croce Rossa svizzera ha inviato in dono.
In materia di pubblica sicurezza, viene creata una Guardia nazionale, reclutata fra i cittadini. Si costituiscono delle commissioni di epurazione per allontanare dai servizi pubblici i fascisti più faziosi; molti vengono incarcerati e inviati a Druogno, dove è allestito un campo per i prigionieri, con un trattamento particolarmente umano. Non ci fu tempo per costituire un Tribunale, ma viene nominato un “Magistrato straordinario” nella persona dell’insigne avvocato Ezio Vigorelli (sarà poi più volte ministro della Repubblica Italiana).
Viene affrontata la questione del fisco, imponendo un contributo straordinario agli industriali, che lo pagarono, e ai commercianti, per i quali non vi fu il tempo né per fissare l’ammontare né per riscuoterlo. Vengono concessi aumenti salariali ai ferrovieri e ai dipendenti pubblici. Si riattivano le comunicazioni ferroviarie e i servizi di corriera nell’ambito della valle, e si procede al riordino dei servizi pubblici postali, telegrafici e telefonici, nonché i servizi antincendio.
Particolare cura viene dedicata al servizio sanitario, sia per la popolazione civile che per le unità partigiane. Accanto alla sanità, l’assistenza viene organizzata in maniera scrupolosa da parte della commissaria Gisella Floreanini, la quale prende accordi con la Svizzera che permetteranno – al momento della resa – di mettere in salvo centinaia di bambini ossolani.
La stampa è particolarmente vivace: nella valle circolano, oltre al “Bollettino” quotidiano della Giunta, i giornali “l’Avanti” e “l’Unità”, i giornali delle formazioni partigiane, “Unità e Libertà” dei garibaldini, “Il Patriota” della Matteotti, il bollettino “Valtoce” della divisione omonima. Esce anche un numero unico del Fronte della gioventù, dal titolo augurale “Per una vita migliore”.
Fra le mille difficoltà e le molte carenze di una situazione eccezionale, vengono organizzati comizi e conferenze che animano la vita sociale e culturale e danno impulso alla partecipazione dei cittadini.
Sarebbe agiografico mettere in rilievo solo i momenti luminosi di quella esperienza. Di fatto, non mancarono gli aspetti oscuri e difficili: in primo luogo le rivalità e i dissensi – già ricordati per quanto riguarda le unità partigiane – fra le diverse forze politiche, o “apolitiche” presenti sullo scenario ossolano. In Ossola c’è una forte presenza di classe operaia e nelle unità partigiane sono presenti molti operai delle fabbriche del nord, con le loro opinioni politiche e le loro aspirazioni sociali, che esercitano sulla Repubblica una pressione tendenzialmente rivoluzionaria, anche se i partiti che dovrebbero esserne i portatori – comunisti e socialisti soprattutto – si comportano con cautela. Esistono poi nel seno dello stesso antifascismo delle forze conservatrici, che si rifanno agli ideali della “nazione”, della “patria”, della fede, della disciplina, della “apoliticità”. Il loro anticomunismo è talmente spiccato da portarli a confiscare perfino tutta la carta rossa esistente in una tipografia, per evitare di stampare con quel colore i bollettini della Giunta.
Un ulteriore motivo di debolezza era costituito dal fatto che la Giunta era stata nominata dall’alto ed era composta di persone – sia pure degnissime – provenienti dall’estero e con pochi addentellati nella realtà locale. Per questo il CLN Alta Italia raccomandava di inserire nei CLN locali e nelle Giunte comunali i rappresentanti delle organizzazioni di massa, delle principali categorie economiche e anche “di elementi modesti e capaci legati e aderenti alle necessità locali”.
Inoltre la Repubblica per tutta la breve durata della sua vita restò isolata: il governo Bonomi si limitò a mandare due telegrammi di incoraggiamento. Il CLN Alta Italia e i partiti che ne facevano parte diedero tutta la loro solidarietà morale, ma non potevano fare molto di più. Dalla Svizzera vennero i giornalisti, ma ben poche risorse. Gli alleati avevano promesso aiuti militari ed economici, in viveri e denaro. Gli inglesi mandarono in tutto 750.000 lire, rispetto a un bisogno calcolato dalla Giunta in 350.000 lire al giorno.
Infine mancò il tempo: quaranta giorni sono pochi per una compiuta esperienza di governo. Già alla fine di settembre i nazifascisti hanno riconquistato Gravellona Toce e Cannobio, con l’appoggio dei 400 soldati lasciati liberi a Domodossola. Nella zona vengono ammassati circa 13.000 uomini dotati di artiglierie e mezzi blindati, che il 10 ottobre scatenano l’offensiva. I partigiani sono poco e male armati; malgrado ciò la resistenza è accanita, le unità partigiane partono al contrattacco il 19 sulla strada che porta alla Val Formazza, e cedono solo dopo l’offensiva risolutiva del 21 ottobre. I bambini sono già stati evacuati in Svizzera. Vi cercano scampo anche migliaia di ossolani e anche la maggioranza delle forze partigiane e la Giunta. La II Divisione Garibaldi e la Beltrami riescono ad arretrare nelle valli laterali e a mettersi in salvo per organizzare la ripresa partigiana già a partire dal mese successivo. Ma l’esperienza della libera repubblica dell’Ossola si è conclusa.
Circa 4.000 partigiani sono costretti a riparare in territorio svizzero, dove vengono ospitati con umanità, ma non tutti: i 600 garibaldini sono sottoposti a una sorveglianza speciale, in un campo di concentramento presso lo Schwarz See, nel cantone di Friburgo. Sono alloggiati in baracche di legno circondate da filo spinato, con vitto scarso e trattati praticamente come pericolosi delinquenti. Ma non si scoraggiano. Molti dei garibaldini avevano l’esperienza delle carceri o del confino ed organizzarono subito la vita collettiva con le ore di studio e le riunioni politiche e culturali. Vi erano professori, giornalisti, intellettuali, e si svolsero corsi di storia del Risorgimento, di lingue straniere, di storia del movimento operaio, di economia politica, di materialismo storico e così via. L’esperienza avrà un seguito dopo la guerra, con la creazione dei Convitti scuola della Rinascita.
DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
Aldo Aniasi: Ne valeva la pena?