Una ricca letteratura di diversi orientamenti consente al lettore di approfondire la conoscenza storico-politica dell’opera di Palmiro Togliatti. La nostra “scheda” si limita a tracciare un profilo della sua azione nei settori che ci sono propri: la Resistenza e l’associazionismo partigiano nell’immediato dopoguerra.
In particolare ci si soffermerà su due aspetti di eccezionale rilievo ancor oggi oggetto di discussione: la così detta “svolta di Salerno” e la contrastata legge sull’amnistia che in qualità di ministro della giustizia del governo De Gasperi Togliatti varò il 26 giugno del 1946.
L’otto settembre del 1943, dopo la firma dell’armistizio, il re e il governo Badoglio fuggono da Roma e si rifugiano a Brindisi che diviene la capitale del “regno del sud”. Il 28 gennaio del 1944 si riunisce a Bari il congresso dei partiti antifascisti che esplicita la divisione esistente tra le varie forze politiche democratiche. La ragione del contendere è principalmente come affrontare la “questione monarchica”. Lo scontro è durissimo tra chi vuole la cacciata del re che si è compromesso con il fascismo e chi vuole salvare la monarchia. Alcuni storici sostengono che non mancò una non palese ingerenza degli inglesi per accrescere i contrasti tra i partiti, per evitare che si creasse una unità politica antifascista.
Nell’agone barese i liberali sostenevano che il Comitato di Liberazione non poteva avocare a sè nessuno dei poteri della monarchia; repubblicani, socialisti e azionisti chiedevano al contrario l’incriminazione del re, i comunisti volevano far cadere il governo Badoglio poiché temevano che si venisse formando un blocco di destra che li poteva escludere dal potere.. I contrasti ideologici distolsero i partiti democratici dall’ obiettivo primario: cacciare i nazifascisti dall’ Italia. Questo avveniva a Bari nei primi mesi del 1944 mentre con i grandi scioperi di Milano e di Torino e l’inasprirsi della guerriglia sulle montagne nel nord Italia la Resistenza raggiungeva la sua massima capacità di lotta. In questa realtà politica non è azzardato pensare che la Resistenza così come si è attuata non si sarebbe potuta realizzare se Togliatti, segretario del partito comunista, tornato in Italia il 27 marzo, non avesse proposto, nel discorso che terrà pochi giorni dopo a Salerno, di rimandare “la questione monarchica a dopo la liberazione” e di dar vita a un secondo governo Badoglio con la partecipazione di tutti i partiti antifascisti. I documenti diplomatici confermeranno successivamente che la “bomba Ercoli” come la definì Pietro Nenni dal nome adottato da Togliatti nella clandestinità, e quindi la “svolta di Salerno”, fu suggerita dal governo sovietico già prima dell’arrivo del leader comunista in Italia, ma fu la sua decisa presa di posizione a far uscire dall’ impasse il governo dell’ Italia liberata e a consentire la nascita di una Resistenza unitaria.
La politica di conciliazione nazionale già delineata a Salerno caratterizzerà tutta l’azione del Pci togliattiano anche a liberazione avvenuta, con provvedimenti che determineranno forti contrasti nella sinistra e in molti di coloro che avevano combattuto nella Resistenza sperando in ben altri risultati.
L’apice di questa politica di “conciliazione nazionale” si avrà il 22 giugno del 1946 quando Togliatti propose e fece decretare dal governo De Gasperi, nel quale era ministro della giustizia, una amnistia e un indulto per i reati comuni e politici commessi da chi aveva collaborato con i tedeschi sino al “concorso in omicidio” commesso in Italia dopo l’8 settembre.
Si ebbero, come c’era da aspettarsi, reazioni anche violente a questa sanatoria dei delitti fascisti anche perché molti partigiani e perseguitati politici venivano arrestati per “delitti” compiuti durante la Resistenza. In provincia di Asti, ad esempio, dal 29 luglio al 28 agosto del 1946 ex partigiani tornarono in montagna costituendo un presidio nel paese di Santa Libera, frazione di Santo Stefano Belbo, che fu sciolto solo dopo la promessa mai mantenuta del governo di rivedere la legge. La Resistenza non solo non aveva rotto la macchina dello Stato ma non l’aveva nemmeno scalfita. I fascisti, funzionari e dirigenti, della amministrazione pubblica che avevano comandato nel ventennio anche se non avevano seguito il re a Bari, tornarono con pieni poteri nell’Italia democratica. Non si contano i licenziamenti e la messa in “liquidazione” nella pubblica amministrazione di partigiani e antifascisti per far posto ad ex fascisti.
La politica economica italiana è diretta da Epicarmo Corbino, ministro del tesoro, che attua una politica economica definita da “Rinascita” nell’ agosto del ’46: la” più accentuata e la più gretta dei precedenti ministri conservatori” mentre, è sempre “Rinascita” dichiara che, “Le masse italiane decadono a un livello di vita mai sopportato nel nostro paese” e al governo vi sono ministri comunisti, Togliatti compreso.