Il “ragazzo rosso” nasce a Torino nel 1911, figlio di un avvocato. Nel 1925, a soli 14 anni, appena entrato al Liceo D’Azeglio, si unisce al partito comunista, e viene espulso da tutte le scuole del Regno per attività antifascista fra gli studenti. Nel 1927 viene arrestato e l’anno dopo il Tribunale speciale fascista, da poco istituito, lo condanna a due anni di reclusione per attività sovversiva. Nel 1929 si presenta agli esami di maturità come privatista, e viene di nuovo espulso da tutte le scuole per aver rifiutato di fare il saluto fascista all’insegnante di ginnastica.
Nel 1931, liberato dal carcere, espatria verso la Francia e poi la Germania; si reca anche a Mosca come rappresentante della Federazione giovanile del partito comunista entro la Terza Internazionale. Rientrato a Parigi come funzionario del Centro estero, viene inviato più volte in missione in Italia: nel 1933 viene di nuovo scoperto e arrestato. Questa volta il Tribunale speciale lo condanna a 21 anni di reclusione, che comincia a scontare nelle carceri prima di Civitavecchia, poi di Sulmona. Nel 1943 viene liberato e diventa uno dei dirigenti della Resistenza: a Milano fa parte del comando generale delle Brigate Garibaldi, dirige il giornale “Il combattente” e fonda l’organizzazione giovanile del Fronte della Gioventù. Suo fratello Gaspare, partigiano nella formazione del capitano Beltrami, cade a soli 18 anni nella battaglia di Megolo. Anche il terzo fratello, Giuliano, e il cugino Pietro lo affiancano con incarichi direttivi nella militanza comunista e resistenziale.
Nell’autunno del 1944 è presente in Val d’Ossola durante i 40 giorni della Repubblica. Alla caduta della Repubblica, rientra a Milano ma parte poi subito per Roma, dove resta fino alla fine della guerra. Dopo la liberazione entra nella direzione del Pci e viene eletto al Parlamento. Sarà anche parlamentare europeo dal 1979.
Nel 1948 a Milano è a capo dei partigiani che prendono la Prefettura per protesta contro la destituzione del prefetto partigiano Ettore Troilo. Togliatti non approva l’operazione. Pajetta resta sempre peraltro uno dei dirigenti più apprezzati dal popolo comunista. Si occupa in particolare di politica estera e dei rapporti internazionali del Pci. A varie riprese dirige la stampa del partito, il quotidiano “l’Unità” e il mensile culturale “Rinascita”. Nella sua lunghissima carriera di parlamentare, è particolarmente noto per la sua verve polemica e per la sua capacità di stroncare gli avversari con un’oratoria sarcastica che non scadeva mai peraltro nella volgarità o nell’offesa personale.
Muore nel 1990, poco prima che venisse disciolto il partito cui aveva dato tutta la vita. La grande folla che ne accompagnò i funerali furono l’estrema testimonianza della simpatia di cui aveva sempre goduto l’impertinente “ragazzo rosso”.