Un altro campo delicato in cui le zone libere apportano la loro innovazione è quello fiscale. Ovunque ci sia il tempo di intervenire in materia, come nelle valli di Lanzo, il primo provvedimento è quello di abolire la tassa tipicamente fascista sul celibato, imposta da Mussolini per favorire l’incremento demografico del paese.
A Montefiorino viene revocata l’esenzione fiscale alle famiglie numerose, non trovando giusto che ricchi possidenti non paghino le tasse a danno di categorie meno abbienti. Viene posto anche il problema di un fisco più equo, basato sul principio della progressività, ma il tempo stringe e per l’immediato le giunte adottano il criterio della proporzionalità, temperato da misure particolari per i meno abbienti.
In Ossola, la giunta impone un contributo straordinario agli industriali, che lo pagano, e ai commercianti, per i quali non vi fu tempo né di fissare l’ammontare né tanto meno di riscuoterlo.
Nel Monferrato la giunta stabilisce un piano di prestito semiforzoso, mediante cartelle da collocare presso le persone più abbienti della zona. L’ammontare delle somme è deciso dai comitati locali, i quali conoscono bene le singole situazioni e le reali disponibilità dei singoli e delle famiglie. Ma anche per questa iniziativa mancherà il tempo.
Nel Biellese orientale, sede di una fiorente industria tessile, gli industriali si impegnano a tassarsi in base al numero di operai, versando i fondi al CLN; si impegnano inoltre a organizzare mense e spacci aziendali dove i lavoratori possono mangiare e rifornirsi di alimenti e generi di prima necessità.
In Carnia, la durata relativamente lunga della zona libera permette una più matura riflessione sul problema, che sfocia in un intervento più adeguato: il CLN predispone infatti un nuovo sistema fiscale, improntato al criterio della progressività, e basato su un’imposta patrimoniale articolata su otto aliquote, dal 2 all’8%. Il criterio della progressività delle imposte è socialmente più equo di quello della proporzionalità: giacché i meno abbienti spendono la maggior parte del loro reddito per soddisfare i loro bisogni fondamentali, quindi quale che sia la quota di reddito versata in tasse, questa viene tolta alle necessità immediate; mentre se si toglie anche la metà del loro reddito ai più abbienti, la somma verrebbe destinata a consumi voluttuari o a investimenti (per lo più, oggi, nel settore finanziario). La tassazione progressiva fa parte di una concezione solidaristica della società e viene utilizzata come strumento di redistribuzione del reddito verso il basso. Non a caso il criterio della progressività delle imposte verrà ripreso dalla Costituzione della Repubblica italiana all’articolo 53, dimostrando quanto grande fosse la lungimiranza democratica di quei primi protagonisti della democrazia partecipata nelle zone libere.