Disertori e “traditori” tedeschi

Nell’anno 2009 il Parlamento di Berlino ha votato una legge che cancella tutte le sentenze dei tribunali militari, concedendo la riabilitazione a disertori e “traditori” di guerra, cioè ai soldati della Wehrmacht che si ribellarono o mostrarono soltanto qualche dubbio sulla guerra del Terzo Reich, con il suo seguito di assassini, stragi, deportazioni. Un ufficiale, Johann Lukaschitz, venne fucilato insieme a 76 soldati perché colpevole di organizzare riunioni in stile sovietico! Ma anche i civili potevano essere accusati di “Kriegsverrat”, cioè di tradimento, se solo aiutavano un ebreo, o confidavano a un amico che le cose andavano male. Furono circa 100.000 le condanne ai lavori forzati, corrispondenti a circa l’1% dei militari tedeschi arruolati; e furono circa 20.000 le condanne a morte eseguite. Il Parlamento ha sancito che quelle sentenze furono ingiuste e ha restituito l’onore a quei militari. Almeno quello, così tardi…

Anche in Italia ci sono stati casi di militari tedeschi che si unirono alla Resistenza: nella Zona libera della Carnia si formò un intero battaglione, il Freies Deutchland Batallion, che si unì alle divisioni garibaldine “Carnia” e “Val But” e alla fine della guerra aiutò gli Alleati a ritrovare dei criminali di guerra nazisti fra la folla di soldati tedeschi che si dirigevano verso l’Austria. A La Spezia il capitano di Marina Rudolf Jacob si unì alla Brigata Garibaldi “Ugo Muccini” e ad Albinea, in Emilia, il maresciallo Hans Schmidt con altri quattro commilitoni scelse di aiutare i partigiani. Tutti quanti furono uccisi.

Nella Germania postbellica, per decenni, i disertori e i “traditori” sono stati considerati dei “criminali” non solo di fronte alla legge ma anche di fronte all’opinione pubblica: molti di loro, che avevano passato anni nei lager ed erano sopravvissuti con il fisico distrutto da privazioni e malattie, hanno condotto una vita da reietti, resa più difficile dal fatto che molti lavori erano loro preclusi, imponendo indirettamente un destino di povertà, aggravata da insulti e malevolenza.

Negli anni novanta in Germania finalmente il vento cambia: secondo i sondaggi allora realizzati, il 90% dei tedeschi ritiene di dover “perdonare” quegli uomini, disertori e oppositori del regime nazista. Dovevano però passare ancora parecchi anni perché si addivenisse alla legge del 2009, che ha reso giustizia a chi volle restare dalla parte del giusto.