Dante Livio Bianco

Il padre, sarto, era emigrato in Francia, e Dante Livio nasce a Cannes nel 1909.

Frequenta la facoltà di giurisprudenza a Torino, e nel 1928, insieme con altri compagni, ha il primo scontro con un gruppo di fascisti che avevano aggredito il professor Francesco Ruffini. Dopo la laurea inizia la carriera di avvocato nello studio di Manlio Brosio, amico di Piero Gobetti. Nel 1942 aderisce al Partito d’Azione, allora appena costituito. Nel 1943, subito dopo l’armistizio, decide di iniziare la lotta armata e fa parte del piccolo gruppo che si ritrova con Duccio Galimberti alla Madonna del Colletto il 10 settembre. Pochi anni dopo, nel 1948, così ricorderà quei giorni, rivolgendosi al presidente della Repubblica Luigi Einaudi: “Signor Presidente, Lei ricorderà la fiera risposta data da Vittorio Amedeo II agli emissari di Luigi XIV, i quali gli spiegavano come le condizioni del suo esercito gli togliessero ogni possibilità di resistere alle potenti armate d’oltralpe: ‘Batterò col piede la terra e n’usciran soldati d’ogni banda’. Ebbene, l’8 settembre, e in seguito, a Cuneo avvenne proprio così:i soldati, cioè i partigiani uscivano da ogni parte, perché qualcuno aveva battuto col piede la terra; ma non era stato un sovrano, re o principe che fosse, bensì una forza più alta e maestosa, quella che si chiama la coscienza civile, la vocazione nazionale, il senso dei valori supremi”.

Bianco diventa commissario politico della Banda Italia Libera che agisce nelle valli Stura, Gesso e Grana: agisce con grande rigore, esigendo la massima disciplina dai suoi partigiani. Comandante della formazione è Ezio Aceto, ufficiale in SPE (Servizio permanente effettivo) dell’esercito italiano. Fra i due scoppia un grave dissidio politico quando Bianco decide di far confluire la banda nella costituenda I Divisione di Giustizia e Libertà, mentre il comandante rifiuta la politicizzazione del gruppo. Bianco risolve la questione con un’azione di forza, costringendo Aceto alle dimissioni in seguito a una mozione di sfiducia. Si sfiora lo scontro armato, poi il buonsenso prende il sopravvento, Aceto si ritira e verrà sostituito da Nuto Revelli.

La zona libera che si costituisce nelle tre valli dà la miglior prova di sé nella redazione di un regolamento di polizia e di procedura giudiziaria improntato al più rigoroso rispetto della persona umana, dimostrazione del lucido rigore morale e della perizia giuridica di Bianco e del suo gruppo. Bianco partecipa anche alle trattative con la Resistenza francese che daranno luogo al trattato di Barcelonette.

Alla morte di Duccio Galimberti, ne prende il posto come comandante regionale piemontese di GL. Dopo la liberazione, partecipa come rappresentante del Partito d’azione alla Consulta nazionale. Ritiratosi a vita privata, prosegue la sua attività di avvocato. La morte lo coglie prematuramente per un incidente sulle “sue” montagne nel 1953. E’ stato insignito della medaglia d’argento al valor militare.