Nasce nel 1878 da famiglia borghese a Catania, in una Sicilia immersa in una miseria secolare cui la recente unione al Regno d’Italia non ha dato alcun sollievo. In un discorso tenuto a Milano nel 1956 rammenta i suoi primi anni nell’isola, a contatto con la miseria infinita delle masse contadine: “Filari e filari di viti dentro un’ampia cerchia di mandorli e ulivi e un suono di corno che radunava le vendemmiatrici… All’Ave Maria l’ultimo suono di corno: e la giornata finiva con un segno di croce. Ma i piedi scalzi dovevano correre per chilometri prima di giungere a un tugurio dove era il fumo di un lucignolo e quello di una squallida minestra. Queste cose sapevo e vedevo; e a giugno mi accadeva più volte di scorgere uomini coperti di stracci avviarsi verso la piana desolata con un pezzo di pane nella sacca e una cipolla e la bomboletta di vino inacidito, destinato, secondo il costume, all’uso dei braccianti. Così negli anni della puerizia cresceva in me un rancore sordo verso l’offesa che sentivo mia, che era fatta a me… Avevo l’animo dell’oppresso senza averne la rassegnazione”.
A soli sedici anni fonda il giornale “Il Lucifero”, che gli procura subito una condanna a un mese di reclusione per la solidarietà dimostrata agli anarchici francesi condannati a morte. La sua formazione giovanile si basa sui lavori di Proudhon e Mazzini, e poi l’illuminazione del “Manifesto” di Marx ed Engels. Intanto termina gli studi letterari, e come latinista e storico della letteratura insegna in diversi istituti superiori, tra cui il liceo di Pisa, dove diventa anche consigliere comunale, poi docente all’Università di Messina dal 1915 al 1923, e infine Magnifico Rettore all’Università di Padova.
In questa veste, nel settembre del 1943, egli rivolge agli studenti il celebre appello con cui li chiama a unirsi alla Resistenza, “battaglia suprema per la giustizia e la pace nel mondo”. Da parte sua, prima si rifugia a Milano sotto il falso nome di avvocato Antonio Mancinelli. Poi emigra in Svizzera, dalla quale torna nel settembre 1944 per unirsi alla libera repubblica dell’Ossola, che in soli 40 giorni dimostra al mondo che l’Italia ha una nuova classe dirigente in grado di assumersi degnamente le responsabilità di governo; con lui ci sono Umberto Terracini, Franco Fortini, Mario Bonfantini, Gisella Floreanini, Albe Steiner, Andrea Cascella e molti altri nomi della cultura italiana. Insieme elaborano il progetto di una nuova scuola media unica, aperta a tutti, (la scuola media, che apriva il cursus honorum del liceo e dell’università, era allora ferocemente elitaria, le masse popolari indirizzavano i figli subito, a 11 anni, verso le scuole professionali), fondata sulle scienze e le lingue straniere, più adatta a una società moderna: un progetto che verrà realizzato solo vent’anni dopo, nel 1962.
Dopo la Liberazione viene eletto all’Assemblea Costituente nella fila del Partito comunista. Dall’esperienza amministrativa e legislativa della Repubblica dell’Ossola, oltre che dalla sua impostazione culturale, trae la proposta dell’articolo 9 della Costituzione, che recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. A lui, come insigne letterato, tocca anche il compito finale di revisione del testo di tutta la Costituzione, perché sia linguisticamente chiaro e corretto.
Sarà eletto deputato al Parlamento italiano nel 1948 e poi ancora nel 1953, continuando la sua lotta per i miseri e gli oppressi sempre entro le fila del PCI, con lo stesso spirito del ragazzo mai disponibile alla rassegnazione.
Muore a Roma nel 1957.