Champorcher è il comune principale della omonima valle, che si trova nella parte più meridionale della Val d’Aosta; nel 1943 faceva parte della regione Piemonte. Conta oggi solo 412 abitanti e ne contava poco più di 700 al censimento del 1936. Il paese si chiamava allora Campo Laris, dato che il regime fascista aveva costretto a italianizzare tutti i nomi di luoghi o di persone, proibendo altresì l’uso della lingua francese e del walser.
Nella regione aostana il movimento della Resistenza antifascista si lega subito inestricabilmente con la questione dell’autonomia e del bilinguismo. Un movimento autonomista, la Jeune Vallée d’Aoste, era stato fondato nel 1925 dal notaio Emile Chanoux e dall’abate Joseph Trèves. Il movimento era stato sciolto d’autorità nel 1932, nel quadro della politica fascista di drastica negazione delle specificità locali. La crisi seguita all’armistizio dell’8 settembre fa risorgere le spinte autonomiste. Nel dicembre 1943, a Chivasso, il notaio Chanoux partecipa a un convegno con le popolazioni alpine di religione valdese, che si conclude con una “Dichiarazione comune” che rivendicava una autonomia locale di tipo cantonale svizzero all’interno di uno Stato federale e repubblicano, quale doveva essere la nuova Italia.
Oltre al movimento autonomista, in Aosta si muoveva il Partito comunista: i suoi rappresentanti Emile Lexert, “Milò” e Giovanni Chabloz, “Carlo”, si erano immediatamente fatti promotori di raggruppamenti partigiani che formarono le prime brigate Garibaldi. Nei primi mesi dopo l’armistizio iniziano le azioni offensive contro i presidi fascisti, sia pure con un avvio piuttosto lento, per la preoccupazione di assicurare stabilità ai nuclei partigiani e collegarli saldamente con le popolazioni. I vari gruppi politici riescono a formare anche un Comité de Libération.
Nella primavera del 1944 anche qui i bandi di leva della Repubblica di Salò fanno affluire numerose nuove reclute alle unità partigiane, e si formano diversi gruppi: oltre alle formazioni Chanoux a sfondo autonomistico, nasce una brigata Matteotti socialista, oltre a formazioni autonome. Sorgono così “complessi problemi politici per i quali il CLN piemontese invia Duccio Galimberti, comandante regionale delle formazioni di GL.
E’ appunto la brigata Mazzini che insieme con la formazione Mont Zerbion il 1° di maggio del 1944 occupa Verrès, e tre giorni dopo libera tutta la valle di Champorcher. Ma non c’è tempo per instaurare un’amministrazione civile; la libertà della zona dura solo pochi giorni, giacché i fascisti sferrano subito rastrellamenti e rappresaglie contro i civili. Il 18 maggio viene preso prigioniero lo stesso Emile Chanoux, che viene subito torturato e assassinato. Il Comité de Libération è costretto a disperdersi e vari suoi membri si rifugiano in Svizzera.
L’azione partigiana riprende e il 5 luglio è liberata Cogne, dove è presente una vivace classe operaia che inizia uno sciopero compatto; vengono poi liberate la Valsavaranche e la Valgrisenche, dove si procede alla costituzione di locali CLN. Le zone liberate restano però sotto il controllo dei comandi partigiani, i quali non hanno la possibilità di affidare l’amministrazione ai civili, anche probabilmente a causa dei contrasti interni alla Resistenza, che non erano affatto cessati. Infatti la frazione autonomista più spinta, diventata nettamente separatista, prende contatto con una delegazione di ufficiali francesi avanzando precise proposte di unione alla Francia.
L’azione dei separatisti pare fosse ben accetta ai ceti popolari e piccolo-borghesi, ma era osteggiata dagli industriali elettrici e siderurgici per i quali il mercato francese risultava più difficile. Comunque il separatismo non consegue alcun successo, non solo perché in netto contrasto con la politica del governo De Gaulle, ma anche perché forti gruppi valdostani, pur desiderando una certa autonomia, non accettano quelle posizioni.
Di fronte alle peculiari difficoltà presentate dal separatismo valdostano, i dirigenti delle Brigate Garibaldi preferiscono appellarsi alle urgenze della comune lotta contro il nemico nazifascista, rimandando diplomaticamente al domani la soluzione del problema dell’autonomia valdostana.
Il CLN del Piemonte segue attentamente la spinosa questione e prende posizione con un Proclama, datato 2 settembre 1944, in cui si fissano nettamente i principi che dovranno regolamentare le autonomie delle minoranze etniche e linguistiche.
La pressione del separatismo nella valle sembra però tanto forte e problematica che ai primi di novembre si reca lassù lo stesso Ferruccio Parri; il 12 novembre egli redige una lunga relazione sul separatismo valdostano, concludendo con un atteggiamento relativamente ottimista: il movimento separatista appare come una “montatura artificiosa” e varie circostanze di natura sia geografica che storica operano in senso contrario all’annessione alla Francia che esso auspica. Peraltro Parri osserva che tutti gli osservatori convergono sulla necessità di contromisure che, dando soddisfazione alle aspirazioni legittime, giovino a prevenire pericoli maggiori. I partiti si dichiarano favorevoli in massima alle aspirazioni autonomiste linguistiche, culturali ed amministrative della valle.
Le vicende militari della guerra determinano rapidamente il destino della piccola zona libera delle montagne valdostane: lo sbarco alleato in Provenza, il 15 agosto, richiama l’attenzione dei nazisti sulla frontiera francese, e sulle Alpi vengono inviati forti contingenti di truppe tedesche appoggiate da unità della Repubblica sociale italiana. La valle viene investita da una forte offensiva condotta, che nell’autunno del ’44 smantella totalmente le posizioni partigiane. Anche per questa esperienza è la fine. Il problema dell’autonomia delle regioni di confine viene rimandato al futuro e verrà affrontato dopo la fine della guerra, in sede di Assemblea Costituente.