La Carnia

Il territorio su cui si sviluppa la Zona libera della Carnia si trova in provincia di Udine, con uno sconfinamento in due comuni del Bellunese, Lorenzago e Sappada. E’ una zona montuosa, dominata dal monte Coglians di 2780 metri. Il fiume più importante è il Tagliamento.

La maggior ricchezza della regione è rappresentata dal legname dei boschi. Il clima è rigido e il terreno risulta poco adatto all’agricoltura, che fornisce patate, mais e fagioli. L’allevamento dei bovini da latte e dei maiali fornisce burro e formaggi, insaccati e prosciutti.

All’inizio del 1943 tutta la Carnia si trova sotto l’amministrazione diretta della Germania di Hitler, che aveva creato l’unità amministrativa della “Adriatische Kustenland”, la regione del Litorale adriatico, che si estendeva fino a Lubiana, in Slovenia. I funzionari della Repubblica di Salò erano stati allontanati, le bandiere italiane ammainate, le truppe fasciste inquadrate nell’esercito regolare tedesco e nelle SS. Nulla poté fare Mussolini, ormai prono al volere di Hitler.

La zona aveva assunto una grande rilevanza strategica perché percorsa da una fitta rete stradale. Anche la rete ferroviaria era molto importante: la linea Pontebbana, da Udine a Tarvisio sul confine, aveva un’importanza vitale per le comunicazioni con la Germania.

In Slovenia agiscono, già ben strutturate, le unità partigiane di Tito. Agli inizi del 1943 con loro cominciano a collaborare i primi antifascisti italiani, disertori dell’esercito, perseguitati politici e rappresentanti del Partito comunista. Si propone quindi con chiarezza il primato storico della Resistenza friulana: è iniziata nel marzo 1943, sei mesi prima delle altre regioni italiane, in contemporanea con i grandi scioperi operai antifascisti di Milano e di Torino. La contiguità con la resistenza armata slovena forniva un esempio e un appoggio per un’azione immediatamente militare. Ma non viene trascurata l’opera di propaganda politica, che viene svolta soprattutto dal Partito comunista e dal Partito d’azione, il primo fra gli operai, il secondo nelle fila dell’esercito e fra gli elementi borghesi. Cominciano anche a delinearsi i gruppi politici raccolti intorno ai vecchi partiti prefascisti, i socialisti, i cattolici e i liberali.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, diventa urgente la necessità di resistere con le armi contro i tedeschi e contro la Repubblica Sociale Italiana. Intorno ai comunisti Aulo Magrini (“Arturo”) e Italo Cristofori (“Aso”), a Prato Carnico, comincia a organizzarsi un gruppo che diventerà la Divisione “Garibaldi Carnica”. Ad Ampezzo si organizza un gruppo armato intorno a Luigi Nigris, rappresentante della Democrazia Cristiana, e al liberale Umberto Passudetti. In Val Degano intorno a Rinaldo Fabbro (“Otto”) si delinea un primo nucleo di quello che sarà il battaglione Osoppo, contrassegnato da un fazzoletto verde.

Sul piano militare le due formazioni sono solidali nel programma di resistenza ai tedeschi e ai fascisti, mentre sul piano politico si delinea subito un contrasto circa il futuro dei territori di confine fra la Carnia e la Slovenia: infatti il Parlamento della Resistenza jugoslava, costituito nel settembre 1943, sancisce l’annessione dell’Adriatische Kustenland alla Jugoslavia. I comunisti restano molto cauti sulla questione, pur nella consapevolezza di dover difendere gli interessi nazionali e territoriali dell’Italia, ma i rapporti fra le formazioni Garibaldi e le Osoppo ne restano avvelenati.

Il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia si trova anch’esso in grande difficoltà circa il problema dei confini: riafferma i grandi principi della guerra antifascista e antinazista, ma sottolinea come sia “nociva e inopportuna al momento attuale ogni discussione sulla delimitazione definitiva e sulla futura appartenenza statale delle zone di nazionalità mista”.

Nell’ottobre 1943 il governo di Salò chiama alle armi i giovani delle classi 1924 e 1925, dando luogo a un grande movimento di renitenza. Il mese successivo, da Padova risuona alto e limpido l’appello del rettore dell’antica Università, Concetto Marchesi, che chiama i giovani a insorgere contro “una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria”. I giovani accorrono alle montagne e nell’inverno 1943-44 si formano altri gruppi. I partigiani sono ancora pochi, arroccati in luoghi impervi, lontani dai centri abitati e quindi con scarsi contatti con le popolazioni, che dal canto loro mantengono un atteggiamento di prudenza vista l’incertezza del momento.

Il momento decisivo arriva nella primavera del 1944, nell’alta val Tagliamento, quando un giovane operaio di 28 anni, Gio Batta Candotti, di Ampezzo, viene ucciso dai militi fascisti con una fucilata alle spalle. Il 17 marzo i funerali vedono la partecipazione di tutta la popolazione, la quale ha capito e ha deciso da che parte stare. E’ una vera manifestazione antifascista.

Il 26 a Forni di Sotto i garibaldini fanno brillare una mina contro un’autocolonna tedesca, uccidendo un capitano della Wehrmacht. La rappresaglia è terribile: tutto il paese viene incendiato, il bestiame arso vivo o abbattuto. Gli abitanti riescono a mettersi in salvo, ma sono rimasti solo con quel che avevano indosso. Scatta immediatamente la solidarietà. Il vescovo, da una parte, e il Partito comunista dall’altra, organizzano una raccolta di viveri, vestiario e denaro per aiutare la popolazione colpita. Viene anche costituito un comitato per ricostruire il patrimonio zootecnico, organizzandolo su basi cooperative, con un consorzio fra i capifamiglia.

Vale la pena sottolineare che per l’assenza degli uomini, impegnati nelle azioni di guerra, prigionieri, dispersi o alla macchia, molti dei capifamiglia sono donne, che cominciano ad essere direttamente coinvolte nella cosa pubblica. Un documento del CLN carnico del 25 agosto 1944 afferma che “avranno diritto al voto i capi famiglia, e pertanto anche le donne quando rivestano tale qualità”. Sono i primi germogli di quello che sarà un fiorente movimento democratico.

Vi partecipa anche il clero: fra il 10 e il 17 novembre 1943 cinquanta sacerdoti discutono l’atteggiamento da assumere di fronte al movimento partigiano. I sacerdoti approvano la ribellione considerando i tedeschi “invasore ingiusto”.

Con la primavera del 1944 si infittiscono le azioni partigiane contro tedeschi e fascisti. Ora le forze armate partigiane sono in grado di schierare circa 6.000 uomini, fra garibaldini e “osovani”, sia pure scarsamente armati.

Sul fronte generale della guerra la situazione sta cambiando rapidamente: i tedeschi, già sconfitti in Africa e a Stalingrado, sono attaccati dall’Italia e dalla Normandia, dove sono già sbarcate le truppe alleate.

In Italia il vuoto di potere creatosi con la fuga del re e di Badoglio verso il Sud, e quella di Mussolini verso Salò sotto protezione nazista, viene colmato da Comitati di Liberazione Nazionale sorti a Roma, Torino e Milano. Nel gennaio 1944 il CLN di Roma dirama una lettera ai CLN provinciali e locali, affermando che a loro “incombe il dovere di assumere di loro iniziativa, in nome della Nazione e del governo…, la direzione della cosa pubblica”. E’ la base giuridica della legittimità dei governi delle zone libere.

In Carnia, sulla spinta delle azioni partigiane si organizzano i primi CLN comunali; il primo è ad Ampezzo, costituito il 17 giugno 1944 su iniziativa dei garibaldini locali. Ne fanno parte rappresentanti del Partito comunista, del Partito socialista, della Democrazia cristiana, del Partito liberale e del Partito d’azione. Vi vengono ammessi anche i rappresentanti delle organizzazioni di massa, il Fronte della gioventù, gli operai, gli agricoltori nonché due rappresentanti dei Gruppi di difesa della donna, due donne che fanno il loro ingresso ufficiale nella vita pubblica del paese. Altri CLN si costituiscono con caratteri analoghi in una decina di paesi e nelle valli. Tutti i CLN locali confluiscono nel CLN carnico, che si costituisce l’11 agosto 1944 a Ravascletto e torna a riunirsi altre quattro volte, il 18 e 25 agosto, e poi il 14 e 19 settembre.

Si tengono i primi comizi e le prime elezioni comunali: a Rigolato partecipano al voto anche una ventina di donne. Diventa ormai evidente la necessità di dare un unico organismo di governo a tutta la zona libera.  In una riunione ad Ampezzo, nel settembre 1944 si crea un Comitato che deve esercitare i poteri di governo secondo le norme dell’Italia liberata. Il nuovo organismo tiene la sua prima riunione ad Ampezzo il 26 settembre 1944 e assume la denominazione di Comitato di Liberazione Nazionale della Zona Libera. Il Comitato risulta composto da 11 membri, di cui solo due partigiani. Il territorio che si dispone ad amministrare comprende 38 comuni con 160 paesi e una popolazione di quasi 90.000 persone, su una superficie di 2.580 chilometri quadrati. E’ la repubblica partigiana più estesa e popolosa.

Si sperimenta qui un percorso totalmente nuovo: in Carnia l’ostilità verso uno stato centralizzato risaliva non solo al tempo della dittatura fascista, ma ancor prima al centralismo dello Stato liberale; si avvia quindi un lento processo che parte dall’abolizione delle autorità centrali – sia il podestà che il prefetto – per attribuire la responsabilità di governo a nuove strutture di tipo democratico che dovranno assumere compiti amministrativi generali.

Il CLN della Zona Libera, come anche quelli locali, deve affrontare l’urgente problema della fame: i tedeschi hanno tagliato le vie di comunicazione e ai paesi non affluiscono più i cereali necessari. Il Partito comunista, con l’appoggio delle Divisioni Garibaldi e tramite l’organizzazione clandestina, si mette in contatto con gli agricoltori della pianura fino all’Emilia, e organizza un servizio per l’acquisto e il trasporto del grano attraverso la Val Meduno e la strada del monte Rest. E’ una zona impervia, su cui si può circolare con molta difficoltà. Il CLN della Zona Libera decide di istituire un servizio collettivo, di cui si incaricano le donne, che in due settimane riescono a trasportare 5.000 quintali di grano.

Sul piano politico, già il CLN carnico aveva stabilito nella seduta del 25 agosto che “tutti i Podestà sono ormai decaduti dalla carica essendo questa ormai priva di contenuto”. Nella sua prima seduta, il 26 settembre, il CLN della Zona Libera, su proposta del rappresentante del Partito comunista, approva il testo di un manifesto con cui si presenta “quale legittimo rappresentante del Governo Nazionale Democratico di Roma”; perciò “conta sulla collaborazione di tutti i CLN locali e di tutte le Giunte Comunali per dare al mondo la dimostrazione della capacità degli Italiani di darsi liberi ordinamenti democratici”. Il manifesto informa altresì che “i partiti politici, che già sotto il terrorismo fascista seppero esistere e lottare, godranno ormai della piena libertà di vivere legalmente” e conclude ricordando che “i decreti del CLN Zona Libera hanno valore di legge ed il loro rispetto sarà assicurato dalle formazioni armate ad esso aderenti”.

La seconda seduta del CLN si svolge il 30 settembre e riguarda il patrimonio boschivo. Si dispone anche la costituzione di un corpo di polizia, articolato in diverse sezioni afferenti ai Comuni più importanti.

Viene inoltre incaricato Nino Del Bianco di redigere un “Bollettino ufficiale” per dare pubblicità ai provvedimenti del CLN, da diffondere in tutta la zona liberata.

Nelle riunioni successive il CLN affronta il problema dell’istruzione: le scuole vanno riattivate entro il 15 di ottobre, ma è difficile sostituire subito il testo unico fascista; si dà disposizione di usare eventualmente libri non strettamente di testo, come “Cuore” di Edmondo De Amicis. Si indica inoltre di escludere dall’insegnamento solo gli insegnanti che avevano ostentato grande zelo fascista.

Se nella sollecitudine mostrata per la scuola il governo della Carnia si ritrova a fianco di quello dell’Ossola, il CLN della Zona Libera della Carnia detiene però un primato: infatti  è l’unico fra tutte le amministrazioni delle zone liberate che abolisce totalmente il sistema fiscale preesistente e vi sostituisce un’imposta progressiva sul patrimonio, variante dal 2 all’8%. Qui, con la progressività dell’imposizione fiscale, vediamo una ulteriore anticipazione di quello che sarà un principio fondamentale della nuova Costituzione italiana.

Il CLN della Zona liberata si preoccupò anche di costituire un regolare Tribunale del popolo, competente per i reati comuni. Quanto alle pene viene fissata una norma netta: “Per tutti i reati comuni è abolita la pena di morte”. Anche qui la libera coscienza popolare italiana esprime la sua volontà di rottura con una tradizione precedente che le ripugnava, e anticipa quella che sarà la norma della Costituzione italiana.

Un ultimo aspetto degno di nota della vita della zona libera è quello della stampa. Finalmente libera dopo due decenni di bavaglio, le diverse parti politiche si sforzano di divulgare la propria stampa, pur nella limitatezza delle disponibilità di carta, tipografie e comunicazioni. La Divisione Garibaldi Friuli ebbe “Il Garibaldino” e “Carnia libera”. La Divisione Osoppo ebbe “Osoppo Avanti” e “Pai nestris fogolars”. Furono inoltre divulgati manifesti e volantini, a volte a migliaia, per informare le popolazioni in particolari momenti critici.

Il nemico non resta inerte. L’ottobre del 1944 vede dispiegarsi ovunque nell’Italia del nord una fortissima offensiva contro il movimento partigiano: in Carnia l’operazione è denominata “Waldläufer”. Un prete, don Carlo Englaro, riesce a comunicare ai comandi partigiani che l’attacco tedesco è fissato per il giorno 8 di ottobre. Di fatto alle prime ore del mattino una colonna tedesca, protetta da un intenso tiro di artiglieria, risale la valle del But. I partigiani cercano di resistere, ma il loro armamento è insufficiente. La colonna tedesca avanza su carri armati, forte di 10.000 uomini.

Il 10 ottobre il CLN della Zona Libera tiene la sua ultima seduta, invitando la popolazione a mantenere la calma. Viene comunicato che i comandi partigiani hanno deciso di seguire una tattica di resistenza elastica, restringendo il fronte per poter concentrare una massa maggiore di truppe. Alcuni territori verranno così abbandonati senza alcuna opposizione. Il CLN approva le direttive, che dovrebbero limitare i danni alla popolazione civile e anche ai reparti in montagna. Il momento è drammatico, il tempo stringe. I tedeschi attaccano anche da nord: una colonna scende dal passo di Monte Croce carnico, un’altra arriva dal Cadore sulla direttrice Sappada-Forni-Rigolato. Il 12 ottobre viene occupato Verzegnis, altre formazioni tedesche occupano la Val Degano e Villa Santina. La notizia arriva ad Ampezzo verso sera: alle 21 viene proclamato lo stato di allarme. Per la popolazione è il terrore.

Il giorno dopo ad Ampezzo arrivano i primi reparti cosacchi. La Carnia libera è finita.