Il comune di Buglio in Monte si trova in alta Valtellina, circa 20 chilometri a est di Sondrio. Il centro del paese è posto a 577 metri di altitudine, ma il territorio comunale si inerpica fino a superare i 3.000 metri. Secondo il censimento del 1936 contava 1.483 abitanti, mentre oggi ne conta 2.140. L’economia era povera, di montagna; nella bassa valle esisteva qualche industria, mentre più in alto un’agricoltura più qualificata forniva frutta e uve per il vino, e ancora più in alto grano saraceno e poi pascoli.
Durante la Resistenza, la Valtellina si trova in una situazione particolare: in primo luogo, era stata individuata dai nazisti come via di fuga collaterale a quella dell’Alto Adige, nonché come territorio di estrema resistenza contro gli alleati; in secondo luogo, vi erano localizzate varie centrali idroelettriche di diversa capacità, che contribuivano alla fornitura di energia per le città e le fabbriche della Lombardia.
Nella bassa Valtellina le prime presenze partigiane si ritrovano subito dopo l’8 settembre, ad opera di Vando Aldrovandi, “Al”, e Luciano Raimondi: sono formazioni di origine comunista, che si arricchiscono subito di operai che provengono dalle città. La loro lotta è molto dura, con scontri quasi quotidiani combattuti con poche armi e scarso equipaggiamento. Sono organizzate nella I e II Divisione Garibaldi.
In alta valle si installano invece delle formazioni autonome, su basi apolitiche, formate da uomini del luogo, ex alpini e valligiani, fedeli al governo monarchico del Sud e preoccupati soprattutto di difendere le centrali elettriche e le grandi vie di comunicazione. Anche queste formazioni hanno vita dura, ma più per l’isolamento e le difficoltà dell’alta quota, in termini di viveri e materiali.
A difesa del patrimonio idroelettrico si forma nella primavera del 1944 anche una Divisione di Giustizia e Libertà, la 1° Divisione Alpina, che ottiene dagli alleati un aiuto determinante attraverso lanci quasi quotidiani nella zona delle dighe e dei bacini idroelettrici.
Sul finire della lotta, le diverse formazioni vengono riunite sotto un comando unificato, ma si tratta di una misura più che altro formale, di facciata politica. Di fatto si tratta di due piccoli eserciti diversi: l’uno più disarticolato, almeno all’inizio, poi impegnato nella salvaguardia del patrimonio economico e nella difesa delle popolazioni che sarebbero state tragicamente coinvolte in una eventuale distruzione delle dighe. L’altro – quello garibaldino – che quasi ogni giorno assalta caserme e presidi nazifascisti, blocca treni che portano via il legname depredato nei boschi, procede al sabotaggio di linee elettriche e telefoniche importanti per le comunicazioni del nemico; e infine procede alla conquista di alcuni paesi della valle dove – sulla base delle indicazioni del CLN Alta Italia e del Comando delle Brigate Garibaldi – vengono costituite le Giunte popolari di governo, come primo, provocatorio esercizio di libertà.
In questa azione si inserisce l’episodio di Buglio in Monte.
Il 10 giugno 1944 il “fronte nord” appena costituito, forte di 221 uomini sotto il comando di Mario Abbiezzi, “Ario”, con Domenico Tomat, “Silvio”, come commissario politico, attacca ad Ardenno il treno proveniente da Milano e diretto a Sondrio. L’azione è diretta dal già leggendario comandante “Nicola”, Dionisio Gambaruto. Durante l’attacco un maggiore ed un capitano della GNR restano uccisi. Quindici militi e tre tedeschi vengono disarmati e spogliati di scarpe e divise. Dal treno sono prelevati dei viveri e bestiame destinati all’ammasso. Durante il blocco della strada vengono requisiti un camion e due vetture. Nulla viene fatto ai viaggiatori, i quali fraternizzano con i partigiani e offrono loro delle sigarette.
Il giorno dopo la colonna di “Nicola” marcia su Buglio e la occupa. Si svolgono subito delle assemblee che destituiscono il podestà e procedono alla nomina di un sindaco; la popolazione manifesta tutta la sua simpatia per i partigiani, i quali issano la bandiera rossa sulla sede del municipio. Vengono distribuiti parecchi quintali di derrate alimentari, della lana, nonché tutto il contenuto del negozio di un noto fascista. Era una grossa sfida lanciata alle notevoli forze nazifasciste che presidiavano la valle. Anche se il comandante “Nicola” scrive successivamente che “non ci passò mai per la testa di fare di quella terra una Repubblica”, Buglio era pur sempre diventato il primo comune libero della Valtellina. Lo restò per poco: il 15 di giugno viene sferrato un attacco in massa da tedeschi, polacchi, mongoli, militi della GNR, brigatisti neri, in tutto circa mille uomini ben armati e forniti di due cannoni.
I garibaldini decidono subito di ritirarsi insieme con la popolazione; il gruppo arroccato a proteggerli viene rapidamente annientato, ma non prima di aver inflitto al nemico la perdita di una settantina di uomini. Partigiani e civili catturati vengono fucilati sul posto, 36 case vanno completamente distrutte, 14 abitanti uccisi, e tutto il paese viene messo a ferro e fuoco.
Il drammatico esito dell’azione, con le pesanti perdite subite dai partigiani e dalla popolazione civile, provoca un ripensamento da parte del Comando garibaldino, che, preoccupato delle conseguenze di tali avvenimenti sul consenso delle popolazioni locali, svolge un’autocritica. In una lettera dedicata a questa analisi il Comando afferma: “la critica del combattimento di Buglio va fatta in modo costruttivo, per permettere di evitare in futuro grosse perdite nostre e della popolazione civile”. Imparare anche dagli errori, senza per questo mettere in discussione la strategia generale dei garibaldini, che – in opposizione all’attesismo delle formazioni autonome – insistevano sull’attività quotidiana di attacco al nemico.
Dopo una completa riorganizzazione, che si sviluppa nel mese di luglio, i garibaldini sono pronti a riprendere le azioni militari, penetrando il 1° di agosto nel centro di Sondrio per assaltare un grosso deposito di armi. Anche se l’azione non ha successo, resta pur sempre una risonante dimostrazione dell’audacia e della combattività che porterà le formazioni partigiane ad essere vittoriose.