Il Biellese orientale è costituito dalle valli Sessera e Ponzone, con le colline del Triverese. Le due valli si aprono verso la Valsesia. Il paesaggio aspro e il clima rigido non favoriscono l’agricoltura, che risulta insufficiente a soddisfare le esigenze alimentari della popolazione, e anche la produzione di latte e di carne sugli alpeggi è insufficiente per il consumo locale.
I comuni interessati sono dodici – il più importante è Trivero – con circa 25.000 abitanti; il 75% della popolazione attiva lavora nell’industria tessile, con un indice di industrializzazione paragonabile solo a quello delle grandi città industriali, Milano e Torino. Questa forte e storica presenza operaia condiziona anche l’esperienza della zona libera, che presenta caratteristiche del tutto peculiari.
Anche in questa zona subito dopo l’8 settembre nascono bande partigiane formate da militari sbandati, che peraltro si sfaldano rapidamente; solo in novembre nascono le prime formazioni garibaldine, alimentate dai giovani operai renitenti alla leva fascista. In valle Sessera si costituisce la brigata “Pisacane”, al comando di Francesco Moranino, “Gemisto”. I partigiani compiono ogni sforzo per stabilire un collegamento politico organico con la classe di riferimento. Una controversia scoppiata in una fabbrica tessile di Crevacuore, in cui intervengono i partigiani a favore degli operai, dà luogo a un vasto movimento che coinvolge tutti gli operai delle due valli, più quelli della contigua Valle Mosso: il 20 dicembre 1943 tutte le fabbriche si fermano per lo sciopero.
Le formazioni garibaldine si muovono fra il Biellese e la Valsesia, portando colpi sempre più frequenti e audaci. La reazione nazifascista non si fa attendere e colpisce sia gli operai che i partigiani, costretti ad abbandonare la zona nell’inverno 1943-44. Ma le cose cambiano radicalmente nell’estate successiva, quando lo sbarco alleato in Normandia scoraggia le forze nazifasciste. Il 10 giugno le truppe fasciste abbandonano le valli biellesi.
I comandanti partigiani si trovano ad affrontare il problema dell’organizzazione della vita civile nelle vallate. Il primo compito, importante, è quello di appoggiare le rivendicazioni operaie che, in assenza di formazioni sindacali organizzate all’interno delle fabbriche, non hanno altra tutela che quella delle armi partigiane. Gli operai chiedono un aumento di 6-8 lire al giorno, e gli imprenditori le concedono immediatamente. I comandi garibaldini d’altra parte sentono in maniera particolare la contraddizione fra l’appoggio incondizionato da dare alla loro classe di riferimento e la necessità della lotta unitaria contro tedeschi e fascisti.
Anche gli industriali cercano uno strumento di mediazione che permetta di sopravvivere fisicamente ed economicamente: avviano perciò trattative dirette con i partigiani, e alla fine di giugno una delegazione di industriali si reca in montagna a discutere con i comandi partigiani. E’ probabilmente l’unico caso in Italia, ma di quell’incontro non è rimasto alcun documento. Pochi giorni dopo parte un forte rastrellamento che costringe le formazioni partigiane a rifugiarsi in alta montagna per due mesi, luglio e agosto.
Intanto però è continuata sotterranea l’azione politica: si è costituito il CLN di Biella, poi quello della Valle Mosso e infine anche quello della Val Sessera. Il 17 agosto 1944 autorità civili e comandanti partigiani firmano un documento che delimita le rispettive responsabilità: i militari si impegnano a non prelevare fondi senza previo accordo con il CLN, e a non interferire direttamente con le armi nella vita delle aziende. Il CLN a sua volta si impegna a raccogliere i fondi necessari alle organizzazioni militari e a ricercare viveri e indumenti. Per quanto riguarda le rivendicazioni operaie, le questioni sono demandate a non meglio precisati “commissari”.
Per i finanziamenti, gli industriali si impegnano ad autotassarsi in proporzione alla loro manodopera e a versare i fondi al CLN, che provvederà alla loro amministrazione. Gli industriali si assumono anche la responsabilità del vettovagliamento e organizzano mense e spacci aziendali, dove i lavoratori possono rifornirsi di alimenti e anche di scarpe, gomme per le biciclette e altri generi di prima necessità.
A settembre cessa l’estate calda dell’offensiva nazifascista e le valli tornano sotto il controllo delle formazioni partigiane, che si rafforzano considerevolmente: in novembre la brigata garibaldina “Nedo” si trasforma in XII Divisione, forte di 1.200 combattenti.
Parallelamente si sviluppa un forte movimento tra la popolazione delle valli: nei paesi sorgono le Giunte provvisorie comunali; nelle fabbriche nascono i CLN di fabbrica e le Squadre di azione patriottica (SAP); si organizza una struttura sindacale attraverso la costituzione di Comitati di agitazione e di un Comitato sindacale provinciale clandestino; i giovani si organizzano nel Fronte della Gioventù e ai Gruppi di difesa della donna aderisce buona parte delle operaie che nelle fabbriche tessili costituiscono spesso la maggioranza della manodopera.
Il CLN della Val Sessera, costituito in agosto, il 22 settembre ottiene il riconoscimento ufficiale da parte del CLN delle Valli. Il finanziamento delle formazioni partigiane fu l’attività più importante svolta dal CLN; anche l’attività amministrativa fu ampia, e dedita soprattutto al reperimento e alla distribuzione di viveri, all’assistenza ai civili bisognosi, al punto che perfino un industriale di Crevacuore, proprietario di una cartiera, ebbe un finanziamento dal CLN quando si trovò in difficoltà e stava per licenziare i dipendenti.
Il CLN svolge un’opera attenta e continua di appoggio alle organizzazioni di massa. Nelle fabbriche, le Squadre di azione patriottica arrivano a coagulare circa 800 aderenti per attività di fiancheggiamento delle operazioni militari partigiane. Sul piano sindacale, si rafforzano i Comitati di agitazione che danno impulso, forza e ordine all’azione rivendicativa degli operai, suscitando una forte presa di coscienza politica da parte della popolazione.
Nel mese di novembre gli operai riprendono il movimento: i pochi vantaggi ottenuti nell’estate precedente sono stati bruciati dall’inflazione, l’inverno e la fame premono. Gli scioperi hanno successo e per Natale gli industriali cedono. Dalle lotte in Val Sessera partirà l’iniziativa di un accordo che interesserà tutte le fabbriche del Biellese e porterà al contratto di Andorno, che dopo la Liberazione costituirà la base di trattativa per il primo contratto collettivo nazionale di lavoro di tutto il settore tessile.
Ma con l’inverno riprende l’offensiva nazifascista, i partigiani vengono attaccati e massacrati, agli operai non resta se non l’arma – in questo caso spuntata – dello sciopero di protesta e l’esperienza della zona libera ha termine.