Nella primavera del 1944, il 12 di maggio, con un incontro fra un gruppo di comandanti partigiani della Val Maira e un gruppo di ufficiali francesi, in un bivacco ancora affondato nella neve, inizia l’attività internazionale della nuova Italia. I partigiani di Giustizia e Libertà erano riusciti a mettersi in contatto con la Resistenza francese tramite un ufficiale degli alpini rimasto in Francia dopo l’8 settembre. Al primo incontro ne segue un altro, il 30 maggio, cui partecipano da parte italiana Duccio Galimberti, Luigi Ventre e Giorgio Bocca. L’incontro si conclude con la stesura di un accordo di collaborazione sul piano operativo “per ottenere i migliori risultati nella lotta contro i nazisti e per la conquista delle libertà democratiche”.
L’accordo non resta sulla carta: i partigiani della Val Maira e della Valle Stura riforniscono i colleghi francesi di armi pesanti (dieci mitragliatrici, un paio di mortai da 81 e un mortaio da 45 con relative munizioni, secondo la lista riportata da Dante Livio Bianco); quando poi in giugno i maquisards insorti devono ritirarsi di fronte all’offensiva tedesca, trovano nelle valli cuneesi la più cordiale ospitalità.
L’accordo ha effetti anche sul piano dello scambio commerciale: gli italiani passano in Francia le eccedenze della loro produzione di burro, mentre i francesi forniscono il sale del loro mare, tanto necessario e così difficile da procurarsi, sulle montagne.
Commenta Bianco: “Anche sul piano dell’azione concreta, senza perdersi nei fiumi della retorica e delle vane parole, due popoli che il fascismo aveva cercato di dividere riaffermavano la loro fraternità e si trovavano uno a fianco dell’altro, per una medesima causa, Sulle montagne e nelle valli del Cuneese, era un lembo della nuova Europa che emergeva dalle torbide acque della oppressione nazifascista”.
Va però amaramente notato che nell’autunno del 1944, quando le unità partigiane italiane del Cuneese, di Lanzo e Susa, della Val Chisone e delle valli del Pellice cercarono riparo nella Francia già liberata per sfuggire alle offensive nazifasciste, l’esercito francese riservò loro un trattamento duro e discriminatorio, in base alle direttive del generale De Gaulle, capo del movimento di liberazione francese, che non solo era contrario alle istanze popolari della Resistenza, ma nutriva propositi di rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Italia.