Autonomi – Formazioni partigiane

Sono unità partigiane generalmente create e comandate da ufficiali o sottufficiali (di carriera o di complemento) dell’esercito italiano. Dotati di spirito di sacrificio e di coraggio, questi uomini attirano schiere a volte molto numerose di combattenti. Spesso si trovano peraltro in contrasto con le formazioni partigiane legate ai partiti antifascisti, il partito comunista, socialista e d’azione. I capi “autonomi” intendevano la guerra partigiana come una continuazione di tradizioni, formalità disciplinari e tattiche belliche in uso presso le forze armate, ma non adatte a una lotta impari come quella partigiana, dove il nemico disponeva di una superiorità soverchiante, non solo numerica ma anche in materia di armamento, risorse logistiche, coordinamento delle attività repressive. Al contrario, i militanti comunisti e socialisti avevano accumulato nelle Brigate Internazionali, durante la guerra di Spagna, una esperienza che risultò preziosa per organizzare la tattica di guerriglia sulle montagne.

I comandanti delle formazioni autonome insistevano inoltre sulla “apoliticità” delle bande, rifiutando in primo luogo l’istituzione del commissario politico, considerato un retaggio dell’Armata rossa. Non vi si svolgeva quindi alcuna azione di educazione politica dei giovani accorsi sulle montagne: se mai, come nelle bande del Monregalese-Langhe sotto il comando di Enrico Martini, “Mauri”, vengono diffuse parole d’ordine e incoraggiamenti politici filo-monarchici e moderati.

Atteggiamento caratteristico delle formazioni autonome fu l’attendismo (o attesismo), cioè la tendenza a evitare l’impegno offensivo contro i nazifascisti, a concordare tregue o “patti di pacificazione” con i fascisti, o a optare addirittura per l’inerzia passiva, nell’attesa che le armate alleate liberassero il paese. L’attendismo aveva motivazioni diverse, anche umanitarie, volendo evitare il sacrificio di vite umane e le rappresaglie nazifasciste sulle popolazioni, ma tali argomenti insinuavano dubbi e incertezze nelle fila partigiane, proprio nei momenti più aspri della lotta. E da molti erano percepiti come un calcolo politico per evitare il sorgere di un grande movimento popolare a carattere insurrezionale che rivendicasse libertà democratiche troppo avanzate.

Le bande autonome più importanti furono quella di Boves, comandata dal sottotenente di complemento Ignazio Vian, che dal settembre al dicembre 1943 sostenne valorosamente i primi attacchi tedeschi contro basi partigiane; ma fu dispersa avendo scelto il criterio militare tradizionale della difesa rigida frontale, impossibile da sostenere. Nelle valli delle Langhe piemontesi, dalle province di Cuneo e Asti, fino al Monferrato e all’Appennino ligure si estendeva la banda del comandante “Mauri”, il complesso “autonomo” più consistente e organico di tutto lo scacchiere partigiano alpino. Dietro la pretesa apoliticità erano evidenti le tendenze moderate e non a caso “Mauri” ebbe il favore degli alleati, che stabilirono presso di lui il loro quartier generale e lo rifornirono di armi, materiali e mezzi finanziari.

In Ossola combatté in un primo tempo la formazione autonoma dell’architetto Filippo Beltrami, che venne distrutta a Megolo nel febbraio 1944. I superstiti confluirono nelle altre tre divisioni che si erano formate, “Valtoce”, “Beltrami” e “Val d’Ossola”, al comando rispettivamente di Alfredo Di Dio, Bruno Rutto e Dionigi Superti. La “Valtoce” era permeata dell’anticomunismo acceso di Di Dio, cattolico fervente, mentre nelle altre due coesistevano senza conflitti opinioni politiche diverse. La “Val d’Ossola” svolgerà un ruolo preminente nella nascita della Repubblica dell’Ossola, nel settembre 1944.

Altre bande autonome minori sorsero nel basso Monferrato, la 7° Monferrato al comando del conte Gabriele Cotta, un aristocratico ligio al conservatorismo sabaudo; la “Giovane Piemonte” costituita in Val di Lanzo, poi diventata 8° Divisione autonoma “Vall’Orco” al comando di Giovanni Massucco, “Casella”. Nell’Alessandrino operava una piccola formazione, “Patria”, al comando di Edoardo Martino, “Malerba”, che sarà poi deputato per la Democrazia cristiana. A ridosso di Torino si costituisce la brigata “Superga”, al comando del conte Corrado del Carretto. Ancora nelle valli torinesi si trovano la Divisione “Val Chisone” al comando di Maggiorino Marcellin, “Bluter”, attivo nella zona libera dell’Alta Val Chisone; e la brigata “Marmore” al comando di Celestin o Perron. In Val d’Aosta la “Emile Chanoux”, al comando di Cesare Ollietti, “Mésard”, si distingue per le sue tendenze separatiste.